Il lavoro di una compagnia assicurativa è basato fondamentalmente sui dati, da sempre. Nella digital transformation, quindi, il problema non è mai stato prendere coscienza della ‘importanza dei dati’, ma qualcosa di molto più concreto: il loro uso. In che modo si possano raccogliere più dati possibili del cliente? Quali dati sono più utili per conoscerlo meglio? Come analizzarli e trasformarli in nuovi modelli di business e in valore per il cliente stesso?
Amodo, insurtech croata con sede a Zagabria, fa esattamente questo, e lo fa anche molto bene: sviluppa piattaforme per le compagnie assicurative a cui permette di raccogliere dati comportamentali. Dal 2013 l’azienda ha creato oltre 25 prodotti in 18 Paesi dei 5 continenti, elaborando dati, per esempio, su oltre 1 miliardo di chilometri percorsi da circa 1,5 milioni di automobili. Lo scorso maggio ha raccolto 3 milioni di euro dal fondo ungherese Lead Ventures per supportare la crescita e quadruplicare i clienti entro il 2023.
Che cosa fa Amodo
BNP Paribas Cardif ha ‘scoperto’ la startup già nel 2015, per l’esattezza in occasione della seconda edizione di Open-F@b Call4Ideas, quando Amodo fu una delle tre vincitrici. Da allora, la startup non si è mai fermata.
“La nostra tecnologia può essere integrata in un’applicazione smartphone (e altri dispositivi connessi in rete, ndr.) e raccoglie informazioni sul comportamento dell’utente alla guida – dice Marijan Mumdziev, fondatore e Ceo, riferendosi al loro principale caso d’uso nelle polizze auto – quindi possiamo sapere se sta guidando, dove si trova, come sta guidando, se sta usando il telefono mentre guida. Tutte informazioni che l’applicazione sul telefono raccoglie e invia alla piattaforma, che le analizza. Cosa ci facciamo con queste informazioni? La prima cosa è aiutare le compagnie a calcolare il rischio connesso a determinati profili; la seconda, è aiutare i loro clienti a migliorare le loro capacità di guida attraverso feedback e altre funzionalità”.
Amodo, grazie all’Advanced Data Analytics e all’Intelligenza Artificiale, consente la personalizzazione dei prezzi, la promozione automatizzata, il preventivo e le vendite. I suoi analytics si nutrono di dati raccolti attraverso smartphone e altri dispositivi connessi, ma anche attraverso data enrichment e gamification: ne deriva la possibilità per una compagnia di proporre nuovi prodotti e servizi personalizzati. Con BNP Paribas Cardif Amodo ha già realizzato un primo progetto chiamato “Safe Ride & Drive“, un’app di protezione mobile, e sta ora lavorando ad altre possibili applicazioni, con un sguardo sempre rivolto alle innovazioni riguardanti i nuovi modi di spostarsi. ‘Da qualche mese, a causa del Covid, si registra un’impennata nella richiesta di biciclette elettriche: i mezzi di trasporto pubblico fanno ancora paura, ma al tempo stesso non tutti hanno la possibilità di acquistare un’auto. Questo spinge anche la richiesta di polizze dedicate a questo mezzo di trasporto leggero’, ricorda Mumdziev.
I clienti non vogliono regalare dati, vogliono scambiarli con qualcosa
“I clienti non vogliono regalare dati, ma vogliono scambiarli con qualche vantaggio. Nel dopo Covid, questo atteggiamento lo stiamo registrando ancora di più. Con la pandemia e il lockdown le persone hanno sperimentato cose nuove, nuovi bisogni anche di tipo assicurativo e cercano nuovi prodotti. Pensiamo ai cambiamenti in ambito mobilità, alla semplice necessità per un cliente di poter ‘accendere o spegnere’ un’assicurazione auto secondo le proprie esigenze”.
Un consiglio alle startup di Open-F@b: adattatevi ai modelli della grande azienda
La nuova edizione di Open-F@b, la Call4Ideas di BNP Paribas Cardif, quest’anno dedicata al Next Normal, scadrà il prossimo 30 settembre. Abbiamo chiesto a Marijan Mumdziev, cha ha vinto l’edizione 2015, di dare un’indicazione utile a coloro che faranno l’application quest’anno.
“Devono tenere in considerazione che le grandi aziende come BNP Paribas Cardif hanno modelli operativi molto diversi da una piccola azienda o da una startup. Il ‘time to market’ è più lungo di quello che vorrebbero fosse e questo è particolarmente vero se si collabora all’interno di una partnership di innovazione e non di business.
Sperimentare qualcosa insieme a un’azienda è molto diverso dal ‘fare qualcosa’. Le startup devono capire chi hanno di fronte e quali vantaggi possono ottenere, e poi adattare le proprie aspettative al tipo di partnership che sta prendendo forma”.