5 startup insurtech peer-to-peer da tenere d’occhio

I modelli di sharing tra pari sono emersi prima nel settore dei prestiti, entrando nel territorio dele banche. Ora si affacciano anche nel settore assicurativo e con un certo successo, come dimostrano le storie di queste nuove imprese internazionali

Pubblicato il 10 Feb 2017

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Il concetto dell’assicurazione peer-to-peer è molto vicino concettualmente a quello spirito mutualistico per il quale tutte le assicurazioni sono nate, per cui è un modello nato molto lontano. Le piattaforme tecnologiche odierne hanno però offerto uno strumento che permette di creare network, fare transazioni finanziarie, semplificare e rendere più trasparenti i processi, con evidenti vantaggi nella riduzione dei costi. L’assicurazione peer-to-peer, abilitata dalla tecnologia digitale, rende possibile un ritorno alle origini, in alcuni casi assumendo forme radicali, vale a dire sostituendosi (e minacciando) le compagnie tradizionali; in altri, collaborando con le compagnie tradizionali, divenendo una sorta di intermediario delle stesse.

Ma l’aspetto che accomuna tutte le piattaforme insurance P2P è il buon proposito di aiutare le persone ad avere una copertura contro i rischi cui va incontro nella propria vita, ma senza approfittarsene, eliminando quella mancanza di trasparenza che i clienti lamentano, specialmente quando si entra in zone “risarcimenti”; eliminando quell’atteggiamento antagonistico che conduce gli assicurati a vedere nella propria compagnia non un proprio alleato, ma un potenziale nemico, e di conseguenza ingenera spesso, negli assicurati, comportamenti fraudolenti.

Nel P2P la fiducia si ristabilisce con la creazione di “pool” o gruppi che creano in comunione il fondo di solidarietà: se nessuna delle persone nel “pool sociale” presenta un reclamo, parte del denaro viene restituito a loro come dividendo. Questo modello ristabilisce la fiducia e la trasparenza tra assicuratore e assicurato, rende inutili e controproducenti le frodi e certi i risracimenti.

Le prime startup insurtech che hanno sposato il concetto del peer-to-peer (P2P) sono europee: Friendsurance (D), Guevara (UK), Inspeer (FR). Hanno seguito poi la cinese TongJuBao e la newyorkese Lemonade.

Ognuna di queste ha creato un proprio modello P2P.

Friendsurance, nata a Berlino nel 2011, ha complessivamente raccolto oltre 15 millioni di dollari in investimenti venture capital, tra i suoi investitori uno degli uomini asiatici più ricchi, Li Ka-Shing, nonché i fondi di venture capital VantageFund, German Startups Group, e.ventures.

Friendsurance vuole essere una sorta di Groupon delle assicurazioni stesse, un broker evoluto se vogliamo, e in pù permette alle persone che utilizzano la sua piattaforma di registrarsi e creare online un gruppo tra utenti che utilizzano lo stesso prodotto assicurativo, corrispondendo un premio che include una parte destinata all’assicurazione standard (fornita da terze parti), sia una quota che sarà versata in un conto unico del gruppo. Per la copertura di indennizzi di lieve entità si attingerà al conto comune, mentre gli indennizzi più importanti saranno coperti dal provider assicurativo tradizionale. A fine anno tutti i soldi del conto comune che non sono stati utilizzati, vengono ridistribuiti agli utenti del gruppo o reinvestiti nel rinnovo. Nel caso in cui, il conto comune risulti vuoto o non sia sufficiente alla copertura di un indennizzo, interviene un’altra assicurazione ancora a coprire la perdita. I maggiori vantaggi si ottengono con gruppi numerosi e un basso numero di indennizzi. In soldoni, la società afferma, se nel corso dell’anno non si sono coperti indennizzi, si arriva a rimborsare agli utenti fino al 40% di quanto avevano speso.

Lo scopo è abbattere il costo dell’assicurazione, condividendo responsabilità finanziaria e costo dei sinistri.

Inspeer è una startup francese nata ufficialmente a febbraio 2015, (in effetti la prima startup insurance francese ad aver scelto questo modello), che ha ideato un tipo di polizza molto particolare. L’innovazione di Inspeer, la sua originalità, è di aver intravisto una opportunità per se di business, per gli utenti di risposta a un’esigenza, in una zona grigia del mercato assicurativo, quello della franchigia.

Tutte le assicurazioni per auto, moto, casa hanno generalmente una franchigia, cioè quell’importo fisso e predeterminato, che di solito resta a carico dell’assicurato o che l’assicurato si impegna a corrispondere all’assicuratore dopo che questi ha risarcito il danno. Spesso nelle polizze più comuni si parla di franchigia relativa, nel senso che non si dà luogo ad indennizzo al di sotto di un certo valore, ma – se esso risulta superato – l’indennizzo è pieno.

Inspeer ha mutualizzato la franchigia, infatti attraverso la propria piattaforma le persone si iscrivono al servizio e si crea una propria cerchia di persone di riferimento, invitando amici e parenti a unirsi al gruppo diciamo “di solidarietà” con i quali ci si impegna reciprocamente in caso di necessità alla copertura della somma corrispondente alla franchigia.

Il tutto avviene online, e sulle transazioni Inspeer trattiene il 10 percento, ma solo se effettivamente avviene l’indennizzo. Ogni utente può partecipare a diversi gruppi, salvo il limite di esposizione massima di 100 euro per singolo gruppo e di 1500 complessivi sull’intera piattaforma.

Guevara è una startup del Regno Unito, nata nel 2013, rivolta esclusivamente al settore auto. Il suo motto è “Old insurance is rubbish. Use Guevara. It’s new. And 100% non-rubbish.” Non è un distributore di prodotti delle compagnie tradizionali, anzi il suo scopo è eliminare completamente l’intermediazione e sostituirsi alle compagnie tradizionali. In che modo?

Guevara vende le proprie polizze e fa risparmiare perchè attraverso questa piattaforma digitale le persone possono creare gruppi per mettere insieme le proprie risorse: sottoscrivendo Guevara, una parte fissa viene considerata la fee per il gruppo, mentre un’altra parte viene devoluta a un fondo comune a copertura dei risarcimenti. Tutto quello che annualmente rimane dal fondo comune viene riutilizzato come base per abbassare il premio del gruppo l’anno successivo. In pratica, in una situazione idilliaca di zero o quasi claim, con l’andare del tempo la polizza arriverebbe ad autoalimentarsi.

TongJuBao, come Guevara e come Lemonade, vuole ridefinire completamente il modello assicurativo end-to-end, non vuole essere un distributore elle compagnie tradizionali ma essere il nuovo assicuratore.

Con TongJuBao, non vi è nessun vettore assicurativo sottostante. Il loro modello (piuttosto complesso, su questa pagina maggiori spiegazioni) è molto simile a quello di Guevara, in quanto si basa sulla creazione di comunità sociali o gruppi di clienti che aderiscono in qualità di membri e tutti i membri pagano due somme di denaro sul proprio conto di deposito. Uno è la tassa per l’amministrazione, l’altro è effettivamente un deposito di garanzia per coprire il rischio assicurato. Il rischio è ripartito sul gruppo. Ma una delle caratteristiche della compagnia è la tipologia di rischi che ha scelto di assicurare: il successo di un matrimonio, i costi connessi alla scomparsa dei bambini, il divorzio, il posto di lavoro, cose che nessun altro assicura.

La società ha appena chiuso una joint venture per entrare anche nel mercato statunitense.

Lemonade è una startup newyorkese che fa parlare molto di sè. Prima ancora di essere arrivata sul mercato aveva già ottenuto investimenti per circa 26 milioni di dollari, di cui 13 messi sul piatto da Sequoia Capital, storico fondo di venture capital statunitense, per il quale ha rappresentato il più cospicuo investimento seed mai realizzato. Recentemente ha chiuso un nuovo round d’investimento da 34 milioni di dollari, che coinvolge GV (Google Ventures) e General Catalyst. In totale la società delle assicurazioni peer-to-peer ha già raccolto 60 milioni in un anno di vita.

Ma non solo, Lemonade ha impressionato per diversi traguardi raggiunti nel suo primo anno di vita: è probabilmente il modello assicurativo P2P più all’avanguardia, ha costruito una customer experience che fa leva sulle più avanzate frontiere tecnologiche del machine learning e dei chatbot, è la prima compagnia assicurativa al mondo ad aver ottenuto la certificazione di Benefit Corporation. Qui di seguito come Lemonade sintetizza graficamente il suo P2P.

La startup ha una customer experience eccezionale che in in un paio di minuti permette di stipulare una polizza, elimina tutti i possibili momenti di frizione tra l’assicurazione e il suo cliente, semplifica la parte burocratica (recentemente ha dichiarato di chiudere i claim in soli tre secondi), abbatte i costi; inoltre Lemonade devolve una parte delle cifre incassate in beneficenza., ed è proprio in questo che si evidenza la sua anima P2P: l’applicazione infatti propone ai clienti il “GIVEBACK” cioè chiede di nominare un ente di beneficenza quando acquistano una polizza. Poi, i premi di persone che scelgono la stessa “buona causa” sono raggruppati e vanno a costituire un unico fondo a copertura dei sinistri. A fine anno, i soldi che non sono stati utilizzati per soddisfare i risarcimenti, sono devoluti da Lemonade alla causa prescelta da quel gruppo, come viene ben spiegato in questo loro post.

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