Roberto Ascione (Healthware) “La digital health è il futuro della salute”

Il fondatore e Ceo del primo Gruppo italiano della salute digitale, parla dei motivi per cui il futuro della sanità è nella trasformazione digitale, quali saranno i vantaggi e quali progetti il suo gruppo porta avanti con BNP Paribas Cardif.

Aggiornato il 18 Nov 2019

Donatella Cambosu

Giornalista

roberto ascione

Un recente report di Acumen Research and Consulting stima il valore del mercato globale della digital health in circa 511 miliardi di dollari entro il 2026, con una crescita esponenziale nei prossimi anni. L’industria include tecnologie di mobile health, telemedicina, soluzioni per migliorare l’efficienza delle organizzazioni sanitari, tecnologie cloud.

La percezione di tutto questo, per i non addetti ai lavori, è spesso molto sfumata e la crescita esponenziale di cui si parla è determinata dal fatto che la strada della digital health fino all’ultimo ‘paziente’ del pianeta è ancora lunga.

Tuttavia, la digital health è già entrata nelle nostre vite più di quanto si pensi: le cartelle sanitarie digitali, lo smartwatch che monitora il nostro cuore, il video-consulto medico, l’app che ci aiuta a mangiare più sano, a fare sport, a dormire meglio, per elencare alcune delle cose più comuni.

Non vi è dubbio che la sanità e la salute personale siano settori in cui l’arrivo delle nuove tecnologie, software e hardware, stanno contribuendo a realizzare un cambio di paradigma, un salto epocale, possiamo ben dire. Che non è limitato agli avanzamenti nella medicina, anch’essi molto legati al digitale, ai dati, a internet e via dicendo; si tratta proprio di nuove opportunità di assistenza e cura delle persone, che rendono il sistema salute più efficace, accessibile, umano, sostenibile.

Il sistema sanitario (pubblico e privato) si è sempre destreggiato tra due, fino a oggi, opposte esigenze: dare il servizio e far quadrare i conti. Conti che nel sistema sanitario sono enormi. La digital health può riuscire a far trovare la quadra, facendo tornare i conti e migliorando il servizio sanitario. E può riuscirci perché nel digital health, come in altri settori ‘digital’, alla fine la tecnologia è solo uno strumento, potente, ma uno strumento, che abilita anche nuovi modelli di business, nuovi player, nuovi ecosistemi.

Tra i player più rilevanti dello scenario digital health internazionale c’è Healthware, società nata in Italia dall’iniziativa di Roberto Ascione, basata a Salerno e con uffici principali a Milano, Londra e New York, che opera nella consulenza strategica, dei progetti, applicazioni e servizi innovativi per il settore della salute e sta espandendo già da alcuni anni la sua offerta nell’ambito della digital health e, più recentemente, dei digital therapeutics. Lo scorso gennaio ha raccolto 10 milioni di euro di investimenti venture capital da FII Tech Growth (Fondo italiano d’investimento) proprio per finanziare i suoi sviluppi e la sua crescita.

Cosa fa Healthware

“Healthware si occupa di digital health da molto tempo, siamo nati in Italia oltre 20 anni fa, ora siamo presenti in diversi paesi in Europa e negli Stati Uniti. – ci racconta Ascione – In sintesi, l’idea di Healthware è quella di applicare tecnologia, data science, innovazione, al miglioramento della salute delle persone, quindi noi supportiamo medici, aziende del settore life science, startup, consumatori di salute, cioè pazienti, e più recentemente il mondo dell’health insurance, aiutandoli a utilizzare queste tecnologie per creare soluzioni, esperienze, in generale risolvere problemi che la salute delle persone ha e che le tecnologie possono sicuramente migliorare”.

Da circa un anno Healthware è entrato anche a far parte dell’ecosistema salute BNP Paribas Cardif, con cui sta collaborando per lo sviluppo di nuove soluzioni in ambito digital health.

“Noi di Healthware pensiamo che il mondo assicurativo possa avere un grande ruolo nello sviluppo della salute digitale, anche in Paesi che hanno una struttura sanitaria di stampo sociale come l’Italia o la Francia, per esempio. – spiega Ascione – Perciò siamo molto contenti della partnership con BNP Paribas Cardif che ha iniziato un percorso nel settore della digital health e dell’health insurance e con cui stiamo sviluppando una serie di concept innovativi rispetto all’utilizzo delle tecnologie sia da un punto di vista della gestione di alcune patologie, sia da un punto di vista della gestione di quella che noi chiamiamo ‘consumer health’, ovvero la gestione preventiva della salute in persone che non hanno ancora patologie e che, appunto con il supporto di soluzioni digital health, possono evitare di averne”.

Come cambierà il sistema salute con la digital health? Quali saranno i vantaggi?

“Io credo che la digital health cambierà profondamente la gestione della salute. Siamo abituati a una medicina uguale per tutti, o che ragiona per grandi gruppi di individui. L’avvento del digitale nella salute offre una grande opportunità di personalizzazione: la grande disponibilità di dati offre la possibilità di adattamento di una serie di soluzioni al bisogno del singolo individuo. Poiché la nostra salute è molto variabile individualmente, questa personalizzazione della medicina, dei trattamenti, delle cure ci aspettiamo che darà grandi risultati.

Sotto un altro punto di vista, con la digital health ci sarà una maggiore sostenibilità dei sistemi sanitari, in questo momento particolarmente gravati da un accesso indiscriminato ai sistemi stessi e da processi poco efficienti: se da un lato il nuovo approccio alla salute promosso dalla digital health ci aiuterà a essere più sani e quindi dover ricorrere meno al sistema sanitario, dall’altro il paziente troverà un sistema più efficiente, perché i sistemi sanitari potranno utilizzare meglio i dati, le informazioni di cui dispongono, per snellire i processi, permettere al paziente un accesso ‘più rapido, nel posto giusto, al momento giusto’.

Ci sono, dunque, due piani di vantaggi, quelli da un punto di vista individuale e quelli da un punto di vista ‘economico’ più generale, di sostenibilità dei sistemi sanitari”.

Quando si parla di dati, non si può tralasciare quanto riguarda gli aspetti etici. Il vostro partner BNP Paribas Cardif è molto sensibile su questo argomento, ha abbracciato un approccio etico all’uso dei dati che mira soprattutto a utilizzare i dati stessi per ‘restituire valore’ al cliente. La sua call di open innovation Open-F@b Call4Ideas 2019 è stata dedicata alla Human Data Science.

“Il concetto che BNP Paribas Cardif sta portando avanti con la Human Data Science è molto interessante e molto vicino anche al nostro pensiero, al nostro background in Healthware. Non a caso nel mio recente libro ‘Il futuro della salute’ parlo di come la tecnologia porterà a umanizzare le cure, non avremo una fredda tecno-medicina, ma un aumento di empatia, di umanizzazione, grazie alla maggiore personalizzazione e anche al maggior tempo che i medici avranno a disposizione per dedicarsi ai pazienti. Il tema della Human Data Science è centrale, è un pilastro su cui si costruisce la promessa della digital health, quella di migliorare l’accesso e la personalizzazione delle cure, anche di patologie croniche; i dati sono parte del motore che renderà questo possibile.

I temi dell’etica e della privacy sono l’altro pilastro: la data ethics è molto importante in ogni settore, ma forse ancora di più in ambito salute, la salute è quanto di più personale possiamo avere e i dati sono particolarmente sensibili.

Da questo punto di vista in Europa siamo fortunati, un passo avanti rispetto ad altre parti del mondo, perché il GDPR ha fornito un framework di riferimento utile non solo ai singoli individui, ma anche per gli operatori che fanno innovazione, perché ha chiarito quali sono i procedimenti da seguire per rispettare degli standard di sicurezza piuttosto elevati.

Eppur vero, che tutti noi abbiamo in qualche modo imparato a trovare un compromesso tra l’utilizzo dei nostri dati da parte di terzi e il valore che ne ricaviamo in cambio: credo che l’ambito salute sia quello in cui possiamo ricavare maggior valore e in cui come individui dovremo accettare qualche compromesso, se dall’altra parte c’è un’azienda che rispetta le normative vigenti e restituisce valore.

Io sono positivo da questo punto di vista, è chiaro che ci saranno delle problematiche durante il percorso ma abbiamo la cornice normativa, un grande livello di sensibilità, una condivisione della dimensione ‘etica’ dell’utilizzo dei dati. La digital health è il futuro della salute”.

Articolo originariamente pubblicato il 18 Nov 2019

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Donatella Cambosu
Donatella Cambosu
Giornalista

Scrive di tecnologie, startup e innovazione da diversi anni. È condirettore della testata Startupbusiness e direttore di University2Business, piattaforma del Gruppo Digital360 orientata al mondo degli studenti universitari. Collabora anche con EconomyUp e InsuranceUp.

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